April 19, 2024

Solar and Space Physics UNIToV

Gruppo di Fisica Solare e Spaziale Università di Roma Tor Vergata

La grande aurora su Roma del 4 febbraio 1872

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A 150 anni dallo studio di Padre Angelo Secchi sulla grande aurora osservata da Roma un nuovo studio ne rivaluta l’approccio moderno e l’importanza storica.

È il 4 febbraio 1872, all’imbrunire il personale dell’Osservatorio del Collegio Romano nota un comportamento fortemente anomalo degli strumenti magnetici con cui ogni giorno studiano il campo magnetico terrestre. Corrono ad affacciarsi intuendo cosa sta accadendo: il cielo di Roma è invaso dalle inusuali luci gialle e verdi dell’aurora.

A quasi un anno dalla proclamazione di Roma Capitale del Regno d’Italia, il principale Osservatorio Pontificio è ancora funzionante sotto la direzione di Padre Angelo Secchi. Nei 20 anni precedenti Secchi ha ammodernato l’osservatorio, rendendolo uno dei più efficienti e multidisciplinari al mondo. Dalle cupole sopra la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola si osserva il cielo con i telescopi, ma si registrano anche i dati meteorologici e magnetici, con i primi dispositivi automatici in grado di registrare su carta. Uno studio incessante nel cuore di Roma, con vista sul Pantheon e Montecitorio, che distano poche centinaia di metri. Padre Secchi ha già osservato diverse aurore negli ultimi anni, ma capisce subito l’eccezionalità dell’evento: “Immediatamente mi recai sul terrazzo dell’osservatorio, e vidi due belle masse lucide. Queste due masse erano di un giallo vivo tendente al verdino, e visibilissime malgrado il forte crepuscolo a ponente”.

Nonostante i cieli bui della Roma di fine Ottocento, un’aurora così intensa a queste latitudini non è usuale. Non è però il primo evento eccezionale rilevato dall’Osservatorio del Collegio Romano, che già aveva registrato gli effetti della tempesta del 1859, nota come “evento di Carrington”. È in quell’occasione che gli astronomi mettono per la prima volta in relazione i disturbi del campo magnetico terrestre con una fonte ben più lontana: il Sole. Cosa che porterà a comprendere che l’aurora e la tempesta geomagnetica associata sono provocate da una tempesta solare, un fenomeno estremamente complesso che coinvolge gli intensi campi magnetici presenti sul Sole, evidenziati dalle macchie solari. Sono proprio queste ultime la sorgente dei brillamenti solari, rilasci esplosivi di energia sotto forma di luce, dai raggi X alle emissioni radio, e particelle accelerate. Ai brillamenti fanno spesso seguito emissioni di massa dalla corona solare, che può viaggiare nel Sistema Solare fino a raggiungere la Terra. Quando questo accade è possibile ammirare le aurore, emissioni nell’alta atmosfera terrestre dovute all’interazione con le particelle provenienti dal Sole.

All’epoca di Secchi si inizia a capire che accadono contemporaneamente anche altri fenomeni meno evidenti. Il campo magnetico terrestre viene perturbato dalla tempesta solare, provocando anomalie ai primi sistemi di comunicazione su grandi distanze. Nel suo “Studio sull’Aurora Elettrica del 4 febbraio 1872”, Secchi compie una delle prime analisi multidisciplinari del fenomeno, mettendo in connessione l’aurora con le condizioni di attività del Sole. Osserva inoltre come, in contemporanea con i fenomeni aurorali, vengano disturbate le comunicazioni sulla linea telegrafica che collega l’osservatorio con il porto d’Anzio. Descrive anche come disturbi simili siano registrati su scala globale, ad esempio sul “canopo transatlantico”, che dal 1858 collega le due sponde dell’Atlantico. Il fenomeno è globale: è osservato a latitudini molto basse, persino in Africa. In Sicilia viene scambiato per una eruzione dell’Etna. Si osserva in tutto il mondo, dal Canada al Giappone.

Un recente studio del Prof. Francesco Berrilli e del dott. Luca Giovannelli, dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, riprende l’indagine di Padre Secchi, mettendola in prospettiva e sottolineandone il carattere fortemente moderno ed interdisciplinare.

“Oggi potremmo affermare che si tratta di uno dei primi studi multi-messaggero di astrofisica mai realizzati”, afferma il dott. Giovannelli. “Siamo negli anni in cui è sempre più evidente come lo studio di oggetti lontani come i buchi neri non può più prescindere dal combinare insieme misure ottiche dai telescopi con quelle delle onde gravitazionali prodotte. Non dobbiamo però dimenticare che uno studio multidisciplinare e multi-messaggero è cruciale per capire anche il comportamento di un oggetto ben più vicino: il Sole.”

Il Sole sembra un oggetto di studio semplice da indagare, sempre disponibile ed uguale nel tempo.

 “In realtà si tratta di una stella magneticamente attiva e variabile. Utilizzare misure di emissione nel visibile, raggi X, di particelle e del vento solare, è fondamentale per tentare di capire i meccanismi alla base dello space weather e del loro impatto sulla nostra tecnologia: dai disturbi ai GPS ai blackout delle reti elettriche”.

Secchi in questo sembra essere stato un vero pioniere.

“È importante ricordare come le prime reti per le osservazioni astronomiche coordinate siano nate proprio in quegli anni con il contributo di Padre Secchi”, afferma il Prof. Berrilli. “L’obiettivo era l’osservazione costante dell’attività solare. Da quello sforzo è poi nata una delle principali riviste di settore di oggi, l’Astrophysical Journal”.

Oggi abbiamo molte più risorse rispetto al passato, come sfruttiamo le nuove tecnologie in questo ambito?

“Anche per lo studio dello space weather costruiamo sulle spalle dei giganti. A centocinquant’anni dall’indagine pioneristica di Angelo Secchi, è fondamentale proseguire uno studio costante e sempre più dettagliato del Sole e dell’ambiente circumterrestre. Lo sforzo principale della comunità scientifica è teso ad unificare i tanti linguaggi necessari a comprendere il rapporto Sole-Terra. In tale ambito di studi è necessario combinare i dati provenienti da missioni spaziali, come Solar Orbiter e Parker Solar Probe, telescopi a terra come il DIKIST e il futuro telescopio solare europeo EST, ma anche rivelatori di particelle e strumenti in grado di rilevare lo stato del campo magnetico terrestre e le proprietà del vento solare. Con la segreta speranza di poter osservare nuovamente da Roma un’aurora così sorprendente come quella a cui assistette Secchi centocinquanta anni fa, ma senza rischi per le moderne reti di comunicazione.”

Riferimenti:

francesco.berrilli@roma2.infn.it

luca.giovannelli@roma2.infn.it

“The Great Aurora of 4 February 1872 observed by Angelo Secchi in Rome”,

Francesco Berrilli e Luca Giovannelli,

Journal of Space Weather and Space Climate 2022, vol. 12, 3.

Link: https://www.swsc-journal.org/articles/swsc/full_html/2022/01/swsc210083/swsc210083.html